Nasce il 13 Ottobre 1912 a Bari, da Antonio de Palma ed Emma Bianchi. Il padre, avvocato, era divenuto preside della Provincia, e per amministrare la cosa pubblica fu costretto a rinunciare almeno parzialmente agli introiti che il suo studio - tra i più affermati di Bari - gli procurava. Inoltre, la passione nel creare opere di pubblica utilità e per la pittura, lo portò a dare grande e vitale impulso alla Pinacoteca di Bari. In effetti, la passione per la pittura Lallo l'aveva ereditata proprio dal padre, che, dopo gli studi di giurisprudenza, aveva studiato pittura a Napoli, prendendo contatto con il vivace ambiente della pittura napoletana di fine Ottocento.
Un giorno, recatosi in visita dal suo amico Luigetto Bianchi di Fasano, restò folgorato dalla bellezza della giovanissima figlia Emma, che viveva quasi segregata nella villa fasanese del gelosissimo padre. Diciamo che conduceva una vita fra giardino di casa e chiesa (come raccontato dalla stessa Emma, una volta divenuta nonna). Tale purezza attirò ancor di più il nostro pretendente, che la chiese in sposa senza tanti indugi. Dall'unione dei due nacquero tre figli: Gino, divenuto capitano di lungo corso; Franca, poi sposatasi con il magistrato Ignazio Straniero, divenuto procuratore generale presso la Corte di Cassazione; e infine il nostro Angelo Michele. A questo punto, va detto che alla vena pittorica di quest'ultimo non dovrebbe essere stato estraneo il DNA della madre, in virtù della parentela di quest'ultima con il quotato pittore fasanese Damaso Bianchi (vedasi la villa col Minareto della Selva di Fasano).
Lallo, da scolaro, era intelligente, vista l'ottima memoria e la capacità di applicarsi nello studio (a tal proposito, va ricordato a più di 80 anni recitava ancora a memoria Trilussa e Pascarella). Intanto, si divertiva a far le caricature un po' di tutti, dai compagni di classe ai parenti, ai personaggi famosi, alcune delle quali sono ancora nelle mani dei suoi familiari. La sua abilità nel cogliere l'espressione della persona in velocissimi e brevi tratti era rinomata, e generava sempre entusiastiche risate (tranne che per i malcapitati dotati di scarsa autoironia!).
Va detto che l'essere il figlio di un personaggio rinomato nell'ambito cittadino rendeva la vita facile al giovane Lallom che, però, era desideroso di mettersi alla prova, anche come sportivo. Scelse perciò il canottaggio presso la società Barion. Lì si allenava nel mare barese di primo mattino per sfruttare l'assenza di onde, mostrando grande applicazione, passione e spirito di sacrificio. Tali doti furono ricompensate con la partecipazione spesso vittoriosa a molte competizioni, sino alla conquista del titolo italiano col "quattro con" nel 1936. Amava anche la barca a vela, con la quale (una iole olimpionica) si allenava nelle acque antistanti alla città.
Vista la prestante forma fisica, fu contattato dallo scultore Filippo Cifariello (padre dell'attore Antonio), che lo pregò di fargli da modello per il bronzo nudo di atleta, ora visibile sulla facciata del Palazzo della Provincia di Bari. Nel 1934 era stato chiamato a prestare il servizio militare alla Scuola Allievi Ufficiali, e lui aveva scelto a sorpresa, visto l'animo curioso ed esploratore, il corpo degli Alpini, recandosi sulle Dolomiti per apprendere la vita di montagna e lo sci alpino.
Precedentemente, Lallo si era laureato a pieni voti alla Facoltà di Giurisprudenza di Bari, per cui, finito il servizio militare, poteva iniziare con successo l'attività legale presso lo studio di famiglia. Ma purtroppo, pochi anni dopo, scoppia la seconda guerra mondiale, che lo costringe a partire per il fronte d'Albania e di Grecia. Nel 1942 è promosso capitano. Non vorrà mai parlare degli orrori vissuti (distrugge centinaia di foto documentali perchè spera così di rimuovere il ricordo) e racconta solo quegli episodi che comunque testimoniano il suo carattere temerario.
Nel 1948 Lallo conosce Maria Riccardi, detta Mabi, figlia di Carlo Riccardi. L'incontro avviene per il tramite dei genitori, alla villa dei Riccardi a Selva di Fasano. Mabi s'innamora di lui e riesce così a superare il dolore per la perdita del fidanzato che era morto al fronte e del fratello che era disperso in Russia (aveva fatto la crocerossina negli ospedali da campo, proprio come suo modo di accudire da lontano i suoi due cari). Lollo e Mabi si sposano e hanno due figli: Emma, architetto di professione e pittrice per passione; e colui che scrive queste note, medico e anch'egli pittore di temi astratti, espressivi e materici al tempo stesso. Ambedue i figli, dunque, hanno ripreso e rinnovato l'insegnamento paterno, che, pur basandosi su una pittura classicamente figurativa, s'incentrava fondamentalmente sull'espressione emotiva e poetica generata dal colore, piuttosto che sul disegno vero e proprio.
Lallo nei primi anni di matrimonio vive a Bari, ma poi, chiuso nello studio legale che aveva col padre, si trasferisce con la famiglia a Roma. Il contatto con la Puglia rimane però vivissimo, perchè ogni estate passa vari mesi nella villa del suocero Riccardi a Selva di Fasano, luogo che diventerà la maggior fonte d'ispirazione per i suoi quadri, oltre alle marine di Savelletri e dintorni. A Roma, Lallo prosegue la sua attività forense, ma sempre più si sente insoddisfatto per il suo lavoro. L'artista e il poeta che sono in lui recalcitrano e vogliono uscire allo scoperto. Finalmente prende tela, colori a olio e pennelli, e produce i primi paesaggi e poi il primo ritratto (che lui stesso in seguito reputerà tra quelli meglio riusciti).
Da allora, la passione per la pittura, sbocciata incredibilmente a 38 anni e preceduta dalle sole caricature, non lo lascerà più sino alla morte. Scopre la Musa e lascia il lavoro di avvocato, dietro sostegno e approvazione totale della moglie, che comprende coraggiosamente le sue grandi doti e le necessità della sua anima di artista. Molte mostre di Lallo si sono succedute dalla sua prima, organizzata nella Galleria S. Marco in via del Corso a Roma, che hanno permesso alla gente di ammirare i suoi quadri e di acquistarli. Tuttavia, Lallo è sempre stato schivo dal contattare i critici, che riteneva - a torto - non necessari per avere il successo di pubblico e per essere accolti nei musei e nelle gallerie di prestigio.
Frequentò per anni la Scuola del nudo dell'Accademia di Belle Arti di Roma, diretta dal pittore Turcato, ma, come lui confidava, lo faceva solo per avere a disposizione le modelle da ritrarre, e non per apprendere l'arte del disegno o dell'abbinamento dei colori, qualità che aveva innate. Durante le vacanze estive a Selva di Fasano, di cui era profondamente innamorato, lo si poteva incontrare facilmente intento a dipingere una veduta che in un primo tempo inquadrava formando un quadrato con le mani per delimitare il dipinto e valutarne l'effetto. Rimaneva in piedi di fronte alla tela montata sul solito cavalletto per ore (anche tutta la giornata), senza bere nè mangiare, totalmente assorbito dal suo lavoro.
L'ultima mostra è stata una antologica di tutte le sue opere al Palazzo Braschi di Roma, sponsorizzata dal Comune. Nonostante i quadri venduti e i molti regalati (in questo era molto generoso), ha lasciato agli eredi una notevole quantità di quadri ad olio su tela: ritratti, nudi, nature morte e naturalmente paesaggi, divisi in vedute romane e pugliesi, in particolare riprese da Selva di Fasano, Monopoli, Savelletri, Fasano e Ostuni. Molti ancora sono, poi, i disegni, gli schizzi, le caricature. Di lui, invece, si sono persi quasi tutti gli articoli che pubblicò su "Il Tempo" di Roma e sulla "Gazzetta del Mezzogiorno", che ne delineavano la natura di scrittore sarcastico e paradossale, dallo stile forbito e accattivante.
Nelle passeggiate fatte negli ultimi anni di vita col sottoscritto, mi diceva di avere la strana dote della sinestesia, cioè vedeva i colori dei quadri e contemporaneamente si generava in lui la sensazione di udire armonie musicali, una facoltà scientificamente provata, che lui riteneva del tutto naturale, avendola dalla nascita. Confessava, inoltre, di essere molto curioso di vedere cosa avrebbe incontrato dopo la morte, che aveva sempre sfidato senza preoccuparsene minimamente. Se ci fosse stato qualcosa nell'Aldilà, diceva che sicuramente per lui si sarebbe trattato di dipingere tele celesti con colori fatti di energia luminosa. E così dev'essere stato.
Antonio De Palma